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06 dicembre 2012

Diamoci una calmata!

(di Gwynplaine)

Diamoci una calmata. Tutti. Giocatori, dirigenti, arbitri, tifosi, giornalisti. Tutti: nessuno si senta escluso, nessuno si senta più bravo ed esente da colpe o è finita. Nel senso che finisce come è finita in Olanda, col guardalinee massacrato di botte da quattro ragazzini.
Un ragazzo di vent’anni è un ragazzo di vent’anni sia che vesta la maglia di una squadra, sia che porti la divisa del direttore di gara, sia che se ne stia a bordo campo a sostenere il tifo. Ed un dito alzato è un dito alzato per tutti. Un gesto di maleducazione, che provoca sia che venga esibito da un giocatore o da un  dirigente o da un arbitro di vent’anni. Al quale saltano i nervi come saltano i nervi ad un giocatore o ad un dirigente. O a un giornalista, se è vero che sulla stampa ci si è meravigliati che nel comunicato del mercoledì ci fossero punizioni solo per i giocatori del Foen, tanto per essere espliciti. Cosa ci si aspettava? Che venisse squalificato anche l’arbitro? Sarà fatto, deve essere fatto, ovviamente, nei tempi e nei modi debiti. Ma basta dire che l’arbitro ha più doveri di un dirigente, o di un allenatore, o di un giocatore! Quando scendiamo in campo abbiamo tutti gli stessi doveri: quelli di essere leali e sportivi. O forse il giocatore che si tuffa in area non provoca? O forse il dirigente che cerca l’accomodamento in maniera illecita è meno colpevole dell’arbitro al quale saltano i nervi?  E quello che si dopa anche solo per vincere la Coppa del Nonno?
 Homo sum: nihil humani a me alienum puto. Siamo uomini, non possiamo ritenere niente di ciò che è umano estraneo alla nostra natura di uomini. E non per sorridere della nostra umanità, stavolta, come suggerisce il classico. Ma per evitare che finisca col morto. O forse pensate che quel guardalinee massacrato in Olanda non avesse sbagliato qualcosa per far saltare i nervi a quei ragazzini? Di certo aveva sbagliato, come ha sbagliato l’arbitro di Foen. E allora cosa si fa? Si ammazza? Sbagliamo, mille volte, tutti noi, dirigenti, tifosi, giocatori, allenatori, giornalisti, genitori.  Ma non si può andare oltre il rispetto delle regole. Che devono essere uguali per tutti. Giocatori, dirigenti, tifosi, giornalisti ed arbitri. Nessuno è più uguale degli altri di fronte ai diritti ed ai doveri. Neanche a quelli di lealtà sportiva. E non nascondiamoci  dietro affermazioni come quelle, sentite in questi giorni, che chi veste la divisa di arbitro ha più responsabilità di altri.  Forse che un dirigente ed un allenatore hanno un compito educativo minore?
Cerchiamo di restare uomini, e sopportiamo la nostra umanità, e quella degli altri. Anche quando sbagliano. O è finita davvero.

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