La salute non è uno spot

di Gwynplaine

La salute non è uno spot. Non è un oggetto da spending review. La salute è vita. Eppure nel calcio lo si dimentica, salvo poi collocarsi in prima fila nelle meste cerimonie funebri che, ogni tanto, drammaticamente, segnano la vita del nostro sport. Se Bovolenta e Morosini sono nomi geograficamente molto lontani dalla provincia (e probabilmente ormai anche dal ricordo e dalla coscienza degli sportivi bellunesi) spero più familiari siano ancora, dalle nostre parti, i nomi di Toni De Nard e Mauro Gorza. Morti entrambi in seguito a malori che li hanno colpiti sui campi di calcio.
Perchè questo mesto preambolo (spero che trattandosi di morti veri nessuno parli di premessa retorica)?

Per un motivo grave. Perché non è ammissibile che ci siano giocatori che giocano ad alti livelli (ripeto, ad alti livelli) nel calcio bellunese che da due anni non si sottopongono a visite mediche. Giocatori che, nell’anno di Morosini e Bovolenta, hanno giocato tutto il campionato senza essersi sottoposti alla visita di un medico sportivo. Ci sono, sissignori, società che spendono centinaia di migliaia di euro – centinaia di migliaia di euro: ho scritto bene - per coltivare ambizioni che sarebbero legittime solo se, parallelamente, badassero a spendere quanto necessario per far giocare in sicurezza i loro giocatori.

Perché si dice questo? E perché adesso? Perché è il “mercato” dei giocatori – davvero riesce difficile trovare un termine diverso da questo – che evidenzia questo desolante scenario. Prendi in mano il cartellino del giocatore appena acquistato e di accorgi che l’ultima visita medica l’ha fatta venti mesi fa… Scopri che ha giocato tutto un campionato, ad alti livelli, senza che la società lo inviasse alla visita medica.

Brutto saperlo. Brutto sapere che ci sono tesserati che beccano multe o mesi di squalifiche assurde quando su questo cose non si ficca il naso… Brutto, ancor più brutto scoprire che a portare avanti questa miserabile spending review sono società di primissimo piano.