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09 febbraio 2012

La D di Martina

Fuori Quota, questi (s)conosciuti

Esordire con una rubrica di commento alla serie D successivamente ad una giornata di riposo non è di buon auspicio; se poi ci si mette pure il gentil sesso ad avere la presunzione di poter parlare di calcio, il campo diventa minato per davvero. Forte di queste premesse nefaste, non potrei aggravare più di tanto la situazione e per questo mi gioco subito la carta peggiore: un commento alla regola dei fuori quota…ovvero quanto di più ingiusto sembra essere stato creato dalla mente umana agli occhi della maggior parte dei calciofili, praticanti e non, forse seconda solo alle tasse.
Al di là della facile ironia, l’imposizione a schierare in campo dei giovani di determinate età è un argomento caldo da anni oramai nel panorama del calcio dilettantistico e recentemente era stato lo stesso Danilo, su spunto dei colleghi del blog del calcio vicentino, a dare nuovo risalto alla questione, innescando una serie di ovazioni generali. Premetto che, da semplice appassionata e tifosa, non ho certo la presunzione di pontificare su questioni calcistiche, poichè sarebbe troppo facile servire il pretesto per confermare che per capire di calcio è necessario il cromosoma Y! Ma supportata dagli altri baldi Amici di Danilo, mi cimenterò per lo meno a scrivere di calcio da un punto di vista diverso, sicuramente meno tecnico e più leggero, ma spero non per questo sbagliato.
Fatta questa doverosa premessa, torniamo al disappunto generale circa l’obbligo di tale normativa. Le considerazioni che vengono fatte in materia sono più che lecite ma, dal mio personale punto di vista, la semplice critica è fine a sé stessa e, perdonate, pare essere più dettata da un retrogusto egoista più che da una valutazione e una soluzione obiettiva della questione: dico questo perché ogni volta che mi capita di parlare con i miei amici/coetanei dei loro esordi in prima squadra, non c’è uno che dimentichi di sottolineare con orgoglio misto a sdegno che “ai nostri tempi, non esisteva la regola del fuori quota”; e questo mi spiace, mi spiace prima di tutto per la veneranda età che condivido con loro ma, in secondo luogo, perchè ho modo di vedere e vivere anche cosa significa stare dall’altra parte.
Premetto che sono consapevole che non è facile, oggi, trovare dei giovani motivati e preparati che hanno voglia, sacrificio ed ambizione di impegnarsi costantemente e con professionalità a fare parte di certi campionati; ma mi pare altresì offensivo l’accanimento generale che si dimostra generalizzando la questione, soprattutto nei confronti di quelli che ci mettono tutta la propria buona volontà per cimentarsi in situazioni che, è vero, sono addirittura al di sopra della loro portata e delle loro possibilità; gli stessi quindi che oltre al danno, devono subirsi anche la beffa dell’essere additati da privilegiati e, per questo, nemmeno agevolati (se non addirittura ostacolati) a fare quanto di meglio nelle loro possibilità. Per questo motivo, a mio parere, per dimostrare che la regola dei fuori quota è sbagliata, la via più corretta non è certo quella di scagliarsi contro i giovani stessi.
E’ vero che il giovane calciatore, fondamentalmente, non entra nella rosa della Prima Squadra perchè risulta preparato bensì perché l'obbligo previsto dalla norma lo prevede, ma non per questo dev’essere trattato da punto debole: l’abitudine invece di inserire i fuori quota solo in certi ruoli specifici, è l’emblema della scarsa considerazione con cui si gestisce la faccenda.
Io credo che fin quando pubblico, addetti ai lavori e gli stessi compagni, guarderanno ai giovani come la discriminazione dei giocatori più esperti, la situazione potrà solo essere controproducente da entrambe le parti.
Al contrario si potrebbe gestire il “problema” in maniera più costruttiva, riorganizzando innanzi tutto i settori giovanili in maniera tale da preparare i giovani più meritevoli a cimentarsi gradualmente fin dai Primi Calci con le categorie superiori (e non solo quando c’è la necessità perché “sion in pochi”!), abitualmente e con metodologia, facendo sì che la loro formazione e la loro maturazione calcistica e non, sia propedeutica all’avvento in Prima Squadra.
Inoltre, aspetto da non tralasciare, è sicuramente l’atteggiamento del resto della squadra nei loro confronti. Non sta certo a me giudicare o criticare le dinamiche di spogliatoio, dato che fin dalla notte dei tempi ci sono sempre stati i “veci” da una parte e i “boce” dall’altra…anzi, guai se così non fosse! Ma sta appunto ai calciatori più esperti, che dovrebbero essere presi da esempio per la maturazione e la formazione da parte dei giovani, a dimostrare per primi il rispetto che si porta a ciascun altro compagno, dentro quanto fuori dal campo, giovane o adulto che sia; se parte invece dagli stessi compagni la mancanza di competizione, considerazione e concorrenza nei confronti dei più giovani, della loro scarsa maturazione non possono essere colpevoli soltanto loro stessi.
Ed infine il pubblico. Quante volte mi ritrovo in tribuna seduta a fianco a qualche tifoso che, scorrendo la distinta delle formazioni, storce il naso per presupposto preso, evidenziando quali sono i fuori quota in campo in quella giornata; magari lo stesso tifoso che, per fare conversazione con il compare, snocciola le attuali prestazioni negli altri campionati degli “ex” giovani che in passato hanno militato in provincia. Non me ne voglia nessuno, ma se un Alberto Giuliatto o un Luca Tomasig si sono ritrovati a vent’anni a calcare i campi della serie A, forse è proprio per merito di questa regola. E me ne si voglia ancor meno se mi permetto anche di ribadire che, forse, fare il fuori quota in una rosa come quella in cui giocavano loro, quotata per il salto di categoria, era più semplice che farlo in una squadra che si gioca la salvezza ai play out.
Pochi giorni fa parlando con un amico, giocatore ed allenatore, mi ha risposto “io educo e sono maestro di vita…oltre che di calcio…” e al di là dell’ironia con cui ho commentato il misticismo della sua affermazione, mi hanno colpito veramente quelle parole. E sulla scia della stessa devozione, mi auguro anch’io che prima o poi i fuori quota non siano considerati una croce ma una risorsa da valorizzare.

1 commento:

  1. ... il punto di vista di una DONNA va OLTRE anche nel ''piccolo'' mondo del calcio!
    Brava Reolon !!!

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